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Cooperazione Internazionale in Congo. L’esperienza di Lorenzo

Novembre 20, 2019

Il racconto di Lorenzo sul progetto di Cooperazione Internazionale in Congo. Bilancio dei primi sei mesi.

Lorenzo è ripartito!

Ora si trova nuovamente in Congo per concludere gli ultimi sei mesi da cooperante nell’ambito del progetto S.A.F.E. guidato dal Centro Balducci e sostenuto da Oikos Onlus.

Il progetto che ci vede coinvolti vanta una collaborazione solida e di lunga data con la Pediatria di Kimbondo.

Qualche settimana fa vi abbiamo raccontato l’esperienza di volontariato internazionale  di tre giovani friulani.

Oggi invece parliano di Lorenzo, giovane cooperante Oikos impegnato  in Congo per un anno con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di una farmacia ( e non solo ) presso la Pediatria di Kimbondo.

Questo è il racconto di Lorenzo. Il bilancio dei suoi primi sei mesi. Un’esperienza raccontata con lucidità e consapevolezza.

“Un treno regionale mezzo vuoto in un mercoledì di ottobre può essere un’ottima occasione per riflettere e trarre bilanci.

Nel mio caso, il bilancio dei primi sei mesi in Congo come cooperante.

Osservo la pianura friulana che scorre davanti ai miei occhi, così diversa dai panorami congolesi.

Banalmente il mio pensiero va alle rotaie di questo treno, all’elettricità, ai pali della luce, ai ponti e alle strade asfaltate.

Penso a quanto si diano per scontate le infrastrutture che permettono alla vita di tutti i giorni di esistere.

Penso a questo e alla vita “sperimentata” negli ultimi mesi in Congo! Una realtà fatta di strade sterrate, di acqua non potabile, di elettricità a singhiozzo, di infrastrutture fatiscenti.

Una realtà vissuta ogni giorno da milioni di persone.

Sin dall’inizio, il mio lavoro nella Pediatria di Kimbondo è stato guidato da domande più che da risposte.

 “È possibile contribuire allo sviluppo di altre persone senza paternalismo, senso di superiorità o di colpa? E’ davvero possibile agire senza che il nostro impegno diventi semplice cura assistenziale?

Il lavoro del cooperante raramente prescinde da una dimensione etica. Facciamo il nostro lavoro perchè è “la cosa giusta” da fare.

MA per i congolesi con cui lavoriamo quotidianamente la vita nella periferia di Kinshasa è la normalità. Spesso l’unica realtà conosciuta.  A volte l’unica realtà possibile.

Per  un cooperante un anno di lavoro a Kimbondo è una parentesi lunga e significativa in un percorso di crescita umana e professionale ma per un congolese è semplicemente un modo per  assicurare la sopravvivenza alla propria famiglia.

I congolesi con cui lavoriamo tendono a focalizzarsi sul “qui e ora” e non  sui risultati a lungo termine; date le condizioni di vita e la precarietà delle istituzioni è facile capire che la priorità è la sopravvivenza individuale rispetto allo sviluppo di infrastrutture e servizi .

E allora : come poter massimizzare l’impatto di ciò che facciamo rispettando la cultura e le usanze locali, senza imporre dall’alto ma facendo crescere dal basso?

Su quel treno osservando dal finestrino mi pare ad un tratto di arrivare al nocciolo della questione.

Il problema non è la realizzazione ma il mantenimento! Ed ecco che la presenza costante e prolungata in un territorio diventa fondamentale. Per questo motivo organizzazioni come Oikos scelgono di dedicarsi a piccole realtà cercando di comprenderle dall’interno.

Siamo in Congo per costruire una   farmacia MA è  altrettanto importante sincerarsi che essa rimanga funzionale nel tempo, sia dal punto di vista logistico che strutturale.

Siamo in Congo per implementare colture di alimenti ricchi di proteine e vitamine per contrastare la malnutrizione MA è fondamentale assicurarsi che la  fornitura di tali alimenti rimanga costante nel tempo.

Senza questa dimensione temporale, il nostro lavoro rischia di contribuire soltanto all’appagamento della nostra coscienza, senza produrre un reale impatto sulla comunità coinvolta.

Fare cooperazione efficacemente significa  garantire una  presenza costante e integrare le conoscenze locali con ciò che di buono viene dal nostro mondo, in una reciproca educazione alla mondialità.

Sei mesi in Congo mi hanno fatto capire che nononstante la differenza di intenti tra cooperanti e lavoratori locali insieme possiamo fare bene il nostro lavoro. E finché ci sarà anche un solo bambino di Kimbondo che grazie al nostro lavoro avrà evitato la malnutrizione, avrà potuto frequentare la scuola, avrà contribuito al miglioramento delle proprie condizioni di vita, allora ciò che facciamo, avrà raggiunto il suo scopo.

Il treno è arrivato a destinazione. Per me invece è tempo di ripartire per il Congo.

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